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Il Vaclav Klaus che non vi hanno raccontato

Pagine Italiane, 12. 1. 2009

Nel 1988 si tenne a Vienna un incontro fra economisti dell’Europa orientale e dell’Occidente. I lavori si tenevano in un albergo vecchiotto e ricco di fascino ed ebbero inizio alle 9. Alle undici uno dei partecipanti si alzò e, indignato, esclamò: “siamo qui da appena due ore e Karl Marx è già stato nominato tre volte! Nel mio paese nessuno ne parla, mai”. Approfittando della pausa caffè, mi avvicinai e iniziammo a conversare; scoprii che conosceva benissimo il pensiero dei grandi liberali del XX secolo: Hayek, Friedman, Stigler.

Gli chiesi come facesse a sapere quelle cose, in Cecoslovacchia questi autori erano probabilmente al bando. Rispose che non li aveva scoperti a Praga, ma a Napoli dove aveva trascorso un periodo di studio. Gli feci presente che non mi risultava che a Napoli ci fossero economisti liberali; “può darsi, rispose, ma ci sono biblioteche”. In questi vent’anni ci siamo incontrati innumerevoli volte e credo di conoscerlo abbastanza.

Non dimenticherò mai il suo racconto della serata che concluse la “rivoluzione di velluto”: “nostro figlio tornò molto tardi e noi lo aspettavamo in ansia. Quando finalmente rientrò ci disse: noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca a voi!” Come ministro delle finanze e poi come primo ministro, Klaus ha fatto di tutto per far passare l’economia ceca dal comunismo alla libertà di mercato. Il suo coraggioso piano di privatizzazioni fondato sulla distribuzione di voucher cui corrispondeva una quota parte della proprietà delle aziende di Stato, anche se non ha avuto tutto il successo che meritava per via dell’opposizione della vecchia nomenclatura, non è stato nemmeno il clamoroso fallimento previsto dagli statalisti ed ha avviato la repubblica ceca verso un’economia più libera.

Parlo di lui perché il fatto che la repubblica Ceca sia presidente di turno della UE fa di Klaus il successore di Sarkozy alla presidenza europea e la cosa ha terrorizzato i benpensanti e gli euro-entusiasti. Il logoro anatema -  “euroscetticismo” - è stato spolverato e adoperato a tutto spiano. Si tratta di un’accusa che non contempla appello, il destinatario è condannato in via definitiva. Essendone stato colpito anch’io so benissimo che è perfettamente inutile tentare di difendersi, specie se non si ha nulla da farsi perdonare. Un accusato di stupro, di omicidio, di rapina, ha la possibilità di esporre le sue ragioni e difendersi davanti ad un tribunale; tutto ciò è precluso a chi è accusato di euroscetticismo.

Vaclav è il tipo di uomo di Stato che i benpensanti amano criticare, offrendo di lui una grottesca caricatura a tinte fosche. D’altro canto, dato che il presidente ceco ha il coraggio di dire ciò che pensa, questo offre ai suoi critici la possibilità di raccontare storielle sul suo conto. Tanto per fare un esempio, dopo il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS, nessuno aveva più l’impudenza di invocare un ritorno al comunismo; d’altro canto, gli ex-comunisti non erano diventati di colpo liberali; divenne così di moda, più di quanto fosse in passato, la “terza via” – una sorta di via di mezzo fra il comunismo sovietico ed il capitalismo “selvaggio”. Klaus liquidò sbrigativamente l’idea affermando che la terza via conduce immancabilmente al sottosviluppo. Com’è ovvio ciò non gli ha conquistato le simpatie degli ex-comunisti.

Quando sento alcuni leader europei, cui la storia non ha inflitto la terribile esperienza di vivere in una dittatura comunista, parlare con tanta superficialità della libertà come principio di organizzazione sociale e motore di progresso economico e civile, vedo la presenza di Klaus alla guida dell’UE con soddisfazione. Essere rappresentati da chi quegli orrori ha conosciuto è rassicurante, non sarà certamente lui per compiacere i benpensanti a mettere a repentaglio le libertà di cui ancora godiamo.

Antonio Martino, Instituto Bruno Leoni, 12 gen 2009

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