Klaus.cz






Hlavní strana » Pagine Italiane » La Svizzera libera e…


La Svizzera libera e indipendente è per noi un’importante ispirazione

Pagine Italiane, 14. 5. 2018

Gentile presidente Reimann, gentile direttore Gartenmann, gentili signore e signori,

grazie di cuore del vostro invito per me del tutto eccezionale. Dal crollo del comunismo ho avuto diverse occasioni di parlare in Svizzera. Ho partecipato a numerose conferenze e dibattiti, ho tenuto conferenze in alcune università, sono stato a Davos per ben 17 volte, tuttavia non avevo ancora mai partecipato a un’assemblea dei membri di un’organizzazione politica. Non so di fronte a quale pubblico io oggi stia per parlare e quale reazione mi attenda.

Dire oggi in questa sede qualcosa di interessante e stimolante, è per me davvero una grande sfida. Grazie di cuore per questa opportunità.

Su Wikipedia ho letto che la vostra organizzazione politica persegue l’obiettivo di garantire e promuovere l’indipendenza, la neutralità, la democrazia diretta e la sicurezza della Svizzera. Siete inoltre contrari a qualsivoglia forma di avvicinamento all’Unione europea e alla più grande e pericolosa minaccia attuale dell’Europa rappresentata dalla migrazione di massa.

Proprio questi sono anche gli obiettivi della mia attività politica di lungo corso. Negli attuali dibattiti europei ci troviamo dalla stessa parte della barricata ideologica e politica. Abbiamo amici simili e gli stessi nemici. Ecco perché ho colto senza alcuna esitazione il vostro invito con grande gioia e curiosità.

In tutte queste tematiche la Svizzera è sempre stata il nostro modello ispiratore. Ma c’è purtroppo una differenza sostanziale. Noi apparteniamo agli Stati membri dell’Unione europea, mentre la Svizzera è uno Stato indipendente, cosa che in Europa è un’eccezione, se non quasi una rarità.

Devo ammettere che non ho avuto un ruolo marginale nella nostra adesione all’UE. Quando ero primo ministro della neonata Repubblica Ceca, a gennaio 1996 ho inoltrato a Bruxelles la richiesta di adesione all’UE. In veste di presidente, a marzo 2003 ho firmato l’ingresso della Repubblica Ceca nell’UE. Tuttavia, ho sempre avuto un atteggiamento piuttosto critico nei confronti dell’UE, dell’Accordo di Maastricht e in particolare dell’Accordo di Lisbona. Come si conciliano le cose? Per questo mi serve la Svizzera, o per meglio dire il confronto del mio paese con la Svizzera.

All’inizio degli anni Novanta, nella Repubblica Ceca non avevamo purtroppo il lusso di avere la posizione storicamente straordinaria della Svizzera neutrale, ricca e altamente sviluppata, sovrana e consapevole. Questo momento cruciale della nostra storia moderna è avvenuto per noi troppo presto dopo il crollo del comunismo. Allora eravamo ancora un fragile paese postcomunista sottostimato da tutti i fronti. Dovevamo dimostrare di essere orientati verso l’occidente piuttosto che verso l’oriente.

Per noi era chiaro, ma purtroppo le persone nell’Europa occidentale non riuscivano a capire bene le nostre ambizioni. Nelle prime ore e giorni della Rivoluzione di velluto del novembre 1989, sulle strade di Praga erano affissi migliaia di manifesti con lo slogan «Ritorno all’Europa». Così facendo i cittadini del nostro paese volevano dire quanto segue: dopo 40 anni di privazione della libertà e irrazionalità del comunismo, vogliamo tornare a essere un normale paese europeo. Nel mio paese (e in tutta l’Europa centrale) ero probabilmente l’unico che già allora affermava: ritorno all'Europa è un concetto un po’ diverso da «Avanti» nell'Unione europea. Purtroppo, non sono riuscito a trasmettere chiaramente ai cittadini cechi questa differenza sostanziale. All’inizio era probabilmente impossibile. Le aspettative erano troppo alte.

A quei tempi i nostri cittadini non avevano propriamente compreso l’occidente. Purtroppo. Non erano gli unici ad aver frainteso. Voi in Svizzera e in particolare voi dell’Azione per una Svizzera indipendente e neutrale lo capite molto meglio.

La maggioranza delle persone nei vecchi paesi dell’UE continuano a non capirlo. A quei tempi nell’Europa occidentale mi veniva sempre posta la seguente domanda: se lei critica l’UE, significa che condivide le posizioni del signor Lukaschenko in Bielorussia e del signor Milošević in Jugoslavia? La mia risposta era chiara: voglio libertà, democrazia, indipendenza, sovranità, ma non sono sicuro se riuscirò a trovare questi valori nell’attuale UE. Desidero sottolineare ancora una volta che non sono riuscito nel nostro caso a far passare il mio punto di vista. Un piccolo ma importante successo consolatorio è che in tutti gli attuali sondaggi d’opinione i cechi risultano essere i più grandi scettici sull’appartenenza all’UE. Ciononostante, abbiamo perso la nostra indipendenza per lungo tempo.

Questa visione così dura è collegata alla mia esperienza di vita fin troppo lunga sotto il regime comunista. In questo sistema ho trascorso gli anni più produttivi della mia vita. Nonostante tutte le difficoltà di allora abbiamo comunque imparato qualcosa di importante. Abbiamo compreso l’importanza della libertà. Quest’esperienza ha radicalmente aumentato la nostra sensibilità ai più piccoli sintomi di simili anomalie presenti nella società europea di oggi.

Su questa base, oggi vedo in Europa uno sviluppo altamente problematico che interpreto come una minaccia seria e pericolosa, non solo alla nostra libertà e prosperità, ma anche alla nostra cultura e all’intera civilizzazione europea.

Quello che provo ora, non l’avevo previsto al momento del crollo del comunismo. Volevo – come milioni di cechi e altri europei dell’est– vivere in una società libera e in un’economia di mercato libera. Questo non è avvenuto. Il nostro tragico passato è per fortuna acqua passata, vivere nel comunismo e nell’attuale Europa dell’UE non è certamente comparabile, ma la libertà politica autentica che manca da tanto tempo, l’assenza di manipolazione e indottrinamento e l’effettiva economia di mercato libera non ci sono.

Molti europei non lo vedono. Non considerano le cose con la massima attenzione. Hanno ancora oggi la sensazione che in Europa sia tutto a posto, che il nostro continente sia sufficientemente ricco, libero e democratico, che siamo in grado di eliminare tutti i problemi esistenti con un maggiore centralismo illuminato, con la saggezza delle élite europee, con l’aiuto di trasferimenti finanziari dalle persone e dai paesi più ricchi a quelli meno ricchi e che le attuali quasi-riforme parziali, superficiali e non approfondite del sistema UE saranno sufficienti a migliorare la situazione. Il mio messaggio di oggi qui a Berna è radicalmente diverso: i nostri figli e i nostri nipoti non ci perdoneranno mai questo atteggiamento passivo e irresponsabile.

Come dicevo, le differenze tra comunismo ed Europa UE sono enormi (e nessuno può negarle), ma le persone in Europa sono oggi quasi altrettanto disciplinate, manipolate e indottrinate, come lo siamo stati noi nell’ultimo periodo del comunismo. La libertà d’opinione è nuovamente limitata. Regna la correttezza politica. I protagonisti e i propagandisti dell’UE hanno creato un’atmosfera in cui non sono ammesse determinate domande e risposte. Il vero dibattito – questo indispensabile elemento della politica – non esiste più nell’attuale UE. È solo questo che consente alle persone di sostenere, difendere o per lo meno di tollerare passivamente la prosecuzione dell'attuale via dell'integrazione europea, destinata a portare alla postdemocrazia e alla stagnazione.

In Europa assistiamo a un pericoloso deficit demografico e alla nascita della postdemocrazia. Da tempo stiamo assistendo all’aumento dell’anonimato delle decisioni, a una crescente distanza dei cittadini dai responsabili decisionali e a una pericolosa spersonalizzazione dell’UE. Per la democrazia abbiamo bisogno dello Stato, non del suo indebolimento e della sua liquidazione. Strutture più grandi dello Stato sono inadatte per la democrazia. In queste strutture non è ammessa la rappresentanza autentica e democratica dei cittadini. Questo voi in Svizzera lo comprendete molto bene. È anche per questo che avete i vostri cantoni.

Sono convinto del fatto che l’attuale sviluppo europeo non sia una necessità storica. Ciò che stiamo vivendo oggi è un problema «man-made» (causato dagli uomini). Si tratta di un danneggiamento autoinflitto. L’attuale insoddisfacente sviluppo economico europeo è un prodotto dell’attuale sistema economico e sociale europeo da un lato e delle istituzioni UE sempre più centraliste e antidemocratiche dall’altro. Il problema principale lo vedo nel ribaltamento dell’equilibrio tra Stato e mercato, tra politica e libertà umana. La versione estrema di questo ribaltamento l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle – con le note conseguenze – durante il regime comunista.

Non posso fare a meno di citare anche i due principali cambiamenti istituzionali europei dell’ultima era: la nascita dell’Unione monetaria e di Schengen. Questi ultimi non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro ai cittadini dei singoli Stati europei e sono stati presentati loro per quello che non sono.

Non sono così vantaggiosi e convenienti come pensavano le persone e come era stato loro promesso. I politici che credono al progetto UE hanno sottolineato solo i vantaggi e non gli svantaggi di questi progetti costruttivisti. Le controargomentazioni erano ben note. Coloro che erano contrari non si sono purtroppo fatti sentire a sufficienza. I sociologi e gli economisti non hanno protestato abbastanza. Oppure non sono stati ascoltati a sufficienza, cosa che – per la storia – non fa una grande differenza. Molti di noi sapevano già allora che l’«altra» parte, le conseguenze negative di questi progetti, sarebbero prima o poi emerse.

Si dovrebbe dire ad alta voce che i primi 19 anni dell’Unione monetaria europea non hanno prodotto gli effetti positivi che gli europei – a ragione o a torto – si erano aspettati. I nostri due Stati, la Repubblica Ceca e la Svizzera, non ne sono interessati direttamente, gli svizzeri hanno il franco svizzero e i cechi hanno ancora la corona ceca. Ma ne siamo certamente influenzati indirettamente.

Sappiamo perché è così. Dopo la nascita dell’Eurozona, la crescita economica ha subito un rallentamento nei suoi paesi rispetto ai decenni precedenti. Anche le bilance commerciali e i bilanci statali hanno registrato dei peggioramenti. L’introduzione della valuta europea comune ha indebolito l’autodisciplina dei singoli paesi europei. Ha portato un cambio che è troppo debole per i paesi dell’Europa del nord, ma troppo forte per l’Europa del sud. Ha aperto le porte alla ripartizione interstatale improduttiva e involontaria (non si tratta di un’autentica solidarietà personale, bensì di «fiscal transfers» organizzati dallo Stato).

A tutto questo si aggiunge la migrazione di massa che è collegata a Schengen. Non è caduta dal cielo. I suoi motivi non dovremmo andarli a cercare nel Medio Oriente o nel Nordafrica. È la conseguenza del comportamento suicida europeo, la conseguenza della de-democratizzazione dell’Europa, la conseguenza della liquidazione degli Stati nazionali, la conseguenza della marcia delle élite europee – con noi come ostaggio – al «Brave New World» di Aldous Huxley. Più di tre anni fa ho realizzato un piccolo libro su questo argomento. Il titolo tedesco è «Völkerwanderung» [1], quello francese «Migration des Peuples»[2]. Nel frattempo il libro è stato tradotto in otto lingue.

L’attuale migrazione di massa e le relative conseguenze negative per il futuro della società europea, non sono state causate dai migranti bensì dai politici europei – in primo luogo dai politici tedeschi.

La vita talvolta tragica delle persone nei paesi del Medio Oriente, del Nordafrica e dell’Asia occidentale non dovrebbe essere usata come giustificazione dell’irresponsabile «cultura dell’accoglienza» delle élite europee. La situazione in questi paesi rappresenta solo il lato dell’offerta della migrazione. Ma da solo non basta a spiegare il verificarsi del fenomeno migratorio. Ogni offerta necessita – come sappiamo bene tutti – della sua domanda e questa domanda arrivava dall’Europa.

La maggioranza dei vertici politici europei la vede diversamente. Con la loro fiducia negli effetti estremamente benefici dell’illimitata diversità delle persone per una convivenza della società civile e con la loro fiducia negli effetti interamente positivi e proficui dei migranti, delle loro idee, della loro religione, dei loro modelli comportamentali, questi politici hanno aperto intenzionalmente le porte dell’Europa. Hanno invitato implicitamente già da tempo i migranti e nell’ultimo periodo lo hanno fatto anche esplicitamente. È solo per questo che sono arrivati i migranti.

L’attuale migrazione di massa, che chiamo – credo a ragione – esodo di massa, l’ho definita già da tempo una minaccia alla civilizzazione e alla cultura europea, una minaccia alla libertà e alla democrazia e non da ultimo una minaccia alla prosperità europea. La migrazione di massa nuoce pericolosamente al nostro stile di vita, alla nostra qualità della vita, alle nostre tradizioni, usanze e abitudini.

Ritengo sia la cosa più importante e pericolosa. Ecco perché non parlo di terrorismo. L’attuale problema dell’Europa non dovrebbe essere ridotto al tema del terrorismo. La prosecuzione della migrazione di massa di altre culture e civilizzazioni indebolirà l’Europa per poi distruggerla anche senza il terrorismo.

Oggi – in Europa – siamo divisi, separati e non siamo uniti. Si può quasi parlare di una guerra, finora per fortuna solo di una guerra delle idee e delle interpretazioni. Le due formazioni di combattimento contrapposte in campo sono ben note: da una parte, la mia parte, c’è la libertà, la democrazia, la responsabilità, l’ordine, la sovranità degli Stati nazionali europei, il patriottismo, i viaggi e i soggiorni all’estero al posto della migrazione.

Dall’altra parte c’è la correttezza politica, il multiculturalismo, la migrazione di massa, l’irresponsabilità e il caos, il moralismo e la manipolazione, il duo Merkel-Macron, il signor Juncker, l’uniformazione involontaria e non spontanea, la centralizzazione, l’armonizzazione e la standardizzazione dell’Europa, il continentalismo e – non da ultimo – il marxismo culturale della scuola di Francoforte.

Questa descrizione stilizzata non la considero una caricatura dell’attuale situazione europea. Oggi come oggi in Europa le carte sono infatti chiaramente distribuite. Non dovremmo mai permettere che questa chiarezza e razionalità vengano offuscate dalla correttezza politica.

La Svizzera svolge un ruolo importante nell’Europa attuale – è l’esempio che è possibile vivere diversamente e prendere le decisioni a livello nazionale. All’inizio dicevo che nella Repubblica Ceca dopo la caduta del comunismo non avevamo il lusso di avere la vantaggiosa ma meritata posizione della Svizzera difesa per molto tempo. Oggi aggiungo che purtroppo non siamo un’isola vicina all’Europa come l’Inghilterra. Ecco perché la variante della Brexit è difficilmente realizzabile per noi dell’Europa centrale. Ciononostante gli Stati dell’Europa centrale, il cosiddetto Gruppo Visegrád, si impegnano a esprimere autonomamente la loro posizione su diversi temi europei, in particolare sulla migrazione di massa, sull’euro, sull’unione bancaria e sull’unione fiscale, sulla politica dell’asilo.

Come si vede, la reazione di Bruxelles e delle élite politiche europee alle nostre ambizioni non è solo negativa, ma anche esplicitamente ostile. Questa arroganza non dovremmo tollerarla. Ma ho paura che ci manchi la forza sufficiente per opporci. Dovremmo avere la forza e la resistenza svizzera, la consapevolezza svizzera e la convinzione della propria verità e vivere in base a essa.

Václav Klaus, assemblea dell’ASNI, Berna, 28 aprile 2018.

[1] Klaus, V., Weigl, J., Völkerwanderung, Manuscriptum Verlagsbuchhandlung, Berlin, 2016.

[2] Klaus, V., Weigl, J., Migration des peuples, L'Harmattan, Paris, 2017.

vytisknout

Jdi na začátek dokumentu