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Riscaldamento globale: una bufala

Pagine Italiane, 20. 12. 2017

Signore e signori,

molte grazie per l’invito e per la possibilità di partecipare a questa importante riunione. E’ splendido trovarsi in Francia dopo molti anni e vedere Parigi come appare nell’epoca delle migrazioni di massa.

Io viaggio all’estero quasi permanentemente, ma non in Francia. Non so se sia colpa mia o di qualcos’altro. Potrebbe dipendere in parte dalla mia incapacità di parlare francese, una cosa che considero una mia grave mancanza, e in parte  dalla evidente discrepanza fra i miei punti di vista e il prevalente modo di pensare francese.

Tuttavia, ho tratto ispirazione in questi ultimi anni dalle opere di diversi autori francesi, quali Michel Houellebecq, Pascal Bruckner, Pierre Manent, Alain Finkielkraut, per non parlare dei miei vecchi amici, quali Pascal Salin. Ciò mi ha dato una nuova motivazione per essere in contatto con la Francia e con i suoi intellettuali.

Devo ammettere che mi sono accorto solo recentemente dell’esistenza dell’Associazione francese di clima-realisti, delle sue attività e della sua capacità di organizzare un incontro così importante come quello di oggi. Molte grazie per avermi portato qui e per avermi dato l’opportunità di rivolgermi a questo distinto pubblico.

La questione dell’allarmismo climatico, del riscaldamento globale creato dall’uomo e che mette a repentaglio la società umana, è diventata uno dei miei principali argomenti e anche una delle mie principali preoccupazioni. Io sono in forte disaccordo con la dottrina del riscaldamento globale che è un arrogante insieme di credenze, se non addirittura una religione, che mette a repentaglio la libertà e la prosperità del genere umano. Essa vive  indipendentemente dalla scienza climatica. Le sue dispute non riguardano le temperature, esse fanno porte del “conflitto delle ideologie”.

La mia visione di questo problema si basa

- su una specialissima esperienza guadagnata sotto il regime comunista in cui ho trascorso i due terzi della mia vita. Questa esperienza ci ha aguzzato la vista. Siamo diventati ipersensibili a tutti i tentativi di violare la libertà, la razionalità e il libero scambio di punti di vista, siamo divenuti ipersensibili a ogni tentativo di imporci i dogmi di coloro che si considerano migliori di tutti noi altri. Nell’epoca comunista abbiamo assistito a una situazione irrazionale, in cui la scienza era al contempo sia promossa sia proibita, elogiata e celebrata, manipolata e abusata. A me sembra che la situazione di adesso sia molto simile,

- sul fatto di essere un economista che ha dei pareri molto forti riguardo al ruolo dei mercati e dei governi nell’ambito della società umana e dell’economia, sul ruolo delle mani visibili  e invisibili nel controllare le nostre vite e plasmare il nostro futuro; un economista che quindi considera assolutamente insostenibili gli interventi sull’economia che sono politicizzati e legati alle ambizioni di chi vuole combattere il clima.

- sul fatto di essere un politico che negli ultimi 25 anni della vita ha sempre combattuto tutte le varie reincarnazioni dell’ideologia verde e particolarmente la sua punta di diamante, la dottrina del riscaldamento globale. Per molti anni sono stato intensamente coinvolto nel dibattito mondiale, altamente controverso e pesantemente manipolato sul riscaldamento globale  e sull’influenza degli esseri umani. Io fui l’unico capo di stato che già dieci anni fa, all’Assemblea Generale dell’Onu, osò esprimere apertamente un punto di vista totalmente dissidente[1].

Io ho partecipato attivamente a questo dibattito in molti modi, e in particolare con un libro dal titolo “Pianeta Blu Non Verde” , pubblicato in 18 lingue in vari paesi del mondo - la versione francese si intitola “Planete Bleue en Péril Vert (Institut de Recherches Economiques et Fiscales, Aix-en-Provence, 2009). Quest’anno ho pubblicato un seguito “Saremo distrutti dal clima o dalla nostra lotta contro il clima?” (per ora esiste solo in ceco, ma è imminente la pubblicazione della versione in inglese).

Non sono d’accordo con il cosiddetto consensus proclamato riguardo a questa questione da parte degli allarmisti del riscaldamento globale. Il vero consensus è molto piccolo. Gli scienziati – e tutti gli esseri umani razionali – concordano che le temperature si sono alzate negli ultimi due secoli e che le attività umane potrebbero aver influito in qualche modo. Tutto qui. È evidente che sia le dimensioni del riscaldamento sia le sue cause continuano a essere oggetto di accesi dibattiti. A questo riguardo non esiste assolutamente alcun consensus.

I politici che hanno firmato due anni fa l’Accordo di Parigi o non sono consapevoli della sua mancanza di basi scientifiche o ne sono consapevoli ma hanno firmato comunque perché era utile ai loro interessi personali o politici.  Forse c’entrano entrambi i motivi – l’ignoranza e la disonestà.

I politici hanno capito che giocare la carta del riscaldamento globale è un gioco facile, almeno a breve o medio termine. E come Keynes sanno che a lungo termine saremo tutti morti.  Il problema è che i politici non considerano le conseguenze a lungo termine delle politiche che si basano su questa dottrina.   Essi sperano che gli elettori apprezzino la loro sollecitudine per le questioni più sostanziali delle prossime elezioni.

La dottrina del riscaldamento globale si può sintetizzare come segue:

1. comincia con l’affermazione che esiste un riscaldamento indiscusso e indiscutibile, confermato empiricamente, statisticamente significativo, globale e non locale;

2. Continua sostenendo che la sequenza temporale delle temperature globali dimostra un trend crescente che domina le loro componenti cicliche e random. Questo trend si dà per non-lineare, forse esponenziale;

3. Il trend viene dichiarato pericoloso per la gente (agli occhi degli ambientalisti “soft”) e per il pianeta (dagli ambientalisti “deep”);

4. La crescita delle temperature medie globali è postulata come fenomeno puramente o maggiormente causato dall’uomo a causa delle crescenti emissioni di CO2 prodotte dalle attività industriali e dall’uso dei combustibili fossili;

5. Si pone in premessa una grandissima sensibilità delle temperature globali a variazioni anche piccole nella concentrazione di CO2 nell’atmosfera;

6. Gli attuali aumenti di temperatura si possono ribaltare con una riduzione radicale delle emissioni di CO2, che andrebbero organizzate dalle istituzioni della “global governance”.  Si dimenticano di dirci che questo non è possibile senza minare la democrazia, l’indipendenza dei singoli paesi, la libertà umana, la prosperità economica e la possibilità di eliminare la povertà nel mondo.

Io non credo a nemmeno uno di questi sei articoli di fede e sono felice di non essere il solo. Ci sono molti naturalisti e anche molti sociologi, e soprattutto molti economisti, che non ci credono neanche loro. Il problema è che gli scienziati veri (o almeno, la maggior parte di loro) fanno scienza e non sono disposti a farsi coinvolgere nella discussione pubblica di questa dottrina.

Come cambiare? Temo che non sarà la scienza a operare un cambiamento, perché la Dottrina del Riscaldamento Globale non si basa sulla scienza, per cui il dibattito scientifico non la può scalfire.

Temo anche che un cambiamento decisivo non potrà avvenire in base a nuovi dati empirici. È evidente che gli attuali dati sulle temperature non confermano né i punti di vista allarmisti e apocalittici dei credenti nella Dottrina del Riscaldamento Globale né le loro ipotesi  pseudo-scientifiche intorno all’esclusività del rapporto fra CO2 e temperature. Com’è noto, i dati statistici   non mostrano un riscaldamento globale per i 18 anni intercorsi fra il 1998 e il 2015.

Né ci sarà di aiuto approfondire sempre di più gli aspetti tecnici, perché ai sostenitori  della DRC non interessano. Le loro idee sono le idee di ideologhi,  non di scienziati o climatologi. Dati e teorie, per quanto sofisticati, non cambieranno i loro punti di vista.

Lo stesso vale per la dimensione economica di questo dibattito. Se qualcuno vuole ridurre se non addirittura eliminare le emissioni di CO2 deve o aspettarsi una rivoluzione nell’efficienza economica (che determina l’intensità delle emissioni) oppure l’inizio di un declino economico mondiale. Non è possibile nessun altro esito.

Diminuire drasticamente le emissioni di CO2 ha delle conseguenze sia a breve che a lungo termine. Analizzarle richiede di fare attenzione ai rapporti intertemporali e considerare i costi-opportunità. È evidente che assumendo un tasso di sconto molto basso, rasente lo zero, chi propone la dottrina del riscaldamento globale trascura la questione del tempo e delle opportunità alternative. Usare un tasso di sconto basso nei modelli di riscaldmento globale significa danneggiare le attuali generazioni (rispetto a quelle future). Non dobbiamo accettare le tesi che sostengono che adottare bassi tassi di sconto significhi proteggere le future generazioni, o che i costi-opportunità non sono importanti perché nel caso del riscaldamento globale non esiste il problema della scelta. Questo modo di pensare non-economico, o forse sarebbe meglio dire anti-economico, non deve mai essere accettato.

Avendo io fatto personalmente esperienza dell’economia pianificata di Stato e dei tentativi di organizzare l’intera società con direttive dall’alto, mi sento in dovere di avvertire contro le argomentazioni e le ambizioni di coloro che credono alla dottrina del riscaldamento globale. Le loro argomentazioni e ambizioni sono molto simili a quelle che sentivamo quando vivevamo sotto il regime comunista. Bisogna fare resistenza a queste idee pericolose. Bisogna farlo a livello politico. Dobbiamo spiegarlo alla gente.

Italia Oggi, 14. 12. 2017.



[1] Statement by President of the Czech Republic at the General Debate of the 62nd Session of the General Assembly of the United Nations, New York, September 26, 2007. You can find it here: www.klaus.cz/clanky/1109.

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