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Non incatenate i mercati, liberateli!

Pagine Italiane, 7. 1. 2009

È diffusa opinione che la Repubblica ceca stia assumendo la presidenza di turno dell’Unione Europea in un momento piuttosto complicato, anche se in verità qualsiasi “momento”, col senno di poi, può apparire “complicato”. Come che sia, non dobbiamo farci prendere dal panico e dobbiamo replicare con un sonoro “no!” a chi, con la scusa che la situazione attuale è un caso unico nella storia, vuole solo manipolarci.

Vi sono, come tutti sanno, problemi ai quali è stata data grande (anche troppa!) enfasi. Il mondo si trova in una profonda crisi finanziaria ed economica. L’Unione Europea ha notevoli problemi per un deficit democratico che si fa sempre più evidente ed è profondamente divisa al suo interno in merito alla forma che dovranno assumere le sue istituzioni. Il clima del pianeta rimane sostanzialmente immutato, ma gli allarmisti sono riusciti a convincere i politici (e molte persone comuni) che il giorno del Giudizio si sta approssimando e, sulla base di questo falso assunto, hanno cercato di porre un freno alla nostra libertà e di limitare la nostra prosperità. Una lunga serie di conflitti armati che causano immense sofferenze a milioni di persone (in Afghanistan, Iraq, Israele-Palestina e in alcune parti dell’Africa) non promette di trovare in tempi rapidi una soluzione.

La crisi economica dovrebbe essere considerata alla stregua del “giusto” prezzo che dobbiamo pagare per aver lasciato che uomini politici immodesti ed eccessivamente fiduciosi in se stessi giocassero con i mercati. Il fatto che adesso stiano cercando di incolpare della crisi i mercati, anziché se stessi, è inaccettabile e tale ipotesi dev’essere assolutamente respinta. Il governo ceco – si auspica – non spingerà l’Europa e il mondo verso un futuro di più regolamentazioni, nazionalizzazioni, de-liberalizzazioni e di protezionismo. Le vicende della nostra storia ci mettono energicamente in guardia dall’incamminarci su questa strada.

Se vogliamo trovare una via d’uscita dovremo, per usare un’analogia, tenere bene a mente la differenza che passa tra spegnere un incendio e promulgare una legislazione sulla tutela dagli incendi: oggi dobbiamo concentrarci sul primo obiettivo. Il secondo può essere realizzato gradualmente, senza fretta e senza farci prendere dal panico. Un considerevole aumento della regolamentazione del settore finanziario, come viene proposto da più parti di questi tempi, non farebbe che prolungare la recessione. Il tasso di crescita dell’economia globale si sta riducendo precipitosamente, le banche non concedono più credito e la fiducia degli operatori sta calando. Un mutamento radicale delle normative che governano gli istituti finanziari nel bel mezzo di una recessione sarebbe controproducente.

La domanda complessiva dev’essere rafforzata. Uno dei tradizionali sistemi per raggiungere questo obiettivo consiste nell’aumentare le spese statali, in genere destinandole alla realizzazione di infrastrutture, a patto che vi siano progetti disponibili. Sarebbe molto più utile, invece, attuare una decisa riduzione di tutti gli svariati vincoli all’iniziativa privata introdotti nel corso dell’ultimo mezzo secolo, nell’epoca in cui imperava l’“economia sociale ed ecologica di mercato”. Il meglio che si possa fare al momento sarebbe un’attenuazione, se non l’abrogazione tout court, delle svariate normative nel campo del lavoro, dell’ambiente, della sanità e più genericamente sociali, in quanto si tratta dei fattori che più di ogni altro bloccano le attività umane razionali.

Per quanto concerne lo stallo “costituzionale” dell’Unione Europea, è da auspicare che il governo ceco non conduca l’Europa a diventare un’unione sempre più stretta, ad un’Europa delle regioni (piuttosto che degli Stati), ad un’Europa centralizzata e sovranazionale o ad un’Europa sempre più controllata e regolamentata dall’alto. La Repubblica Ceca continuerà a ribadire il motto della presidenza dell’UE: “Europa senza barriere”, il che significa propugnare una maggiore liberalizzazione, l’abbattimento delle barriere agli scambi e l’eliminazione del protezionismo.
Le vicende della nostra storia ci impartiscono una lezione chiara: abbiamo sempre bisogno di più mercato e di minore intervento da parte dello Stato. E sappiamo che i fallimenti dello Stato hanno un costo molto più salato dei fallimenti del mercato.

Possiamo inoltre contare sul fatto che il governo ceco non si farà paladino dell’allarmismo sul riscaldamento globale. I cechi sono persuasi che la libertà e la prosperità sono molto più a rischio di quanto non lo sia il clima. Che i livelli attuali di innalzamento delle temperature globali siano straordinari non è provato. La spiegazione dei fattori che contribuiscono al global warming non è né chiara, né persuasiva. Qualsiasi azione mirante a mitigare il mutamento climatico si dimostrerà inutile e, quel che più conta, il genere umano ha dimostrato di essere sufficientemente adattabile ad un clima soggetto a cambiamenti incrementali. In realtà dovremmo volgere la nostra attenzione ad altre, più preoccupanti, questioni.

Il mondo dell’anno 2009 non verrà risparmiato da conflitti armati, terrorismo internazionale e dispute territoriali e religiose che – a prescindere da quanto appaiano lontane – avranno conseguenze per tutti noi. Sappiamo che la pace non può essere dichiarata unilateralmente e che le soluzioni più durature non sono, di norma, quelle imposte dall’esterno. Il governo ceco non appoggerà gli interventi esterni negli affari interni di Paesi sovrani. Dobbiamo resistere alla seducente tentazione di rivestire il ruolo di re-filosofi.

Il pragmatico popolo ceco – con tutte le sue critiche ai meccanismi decisionali europei – non cercherà di innescare una “rivoluzione di velluto” pan-europea, ma tutelerà i propri interessi e le sue priorità. Tratteremo gli altri così come ci aspettiamo di venire trattati noi stessi: rispettando le opinioni diverse. Saremo soddisfatti se – almeno in qualche caso – riusciremo a trovare un denominatore comune. Fare affidamento sul negoziato e sugli effetti positivi della diversità dei punti di vista è ciò che ha fatto l’Europa quel che è.
La presidenza dell’Unione Europea potrebbe offrirci l’occasione di sfruttare alcune delle nostre idee a beneficio di tutti gli Stati membri dell’UE. Il loro benessere e la loro  felicità potranno solo aumentare in un’Europa democratica, decentrata, aperta e liberalizzata.

Václav Klaus, apparso originariamente sul Financial Times del 7 gennaio 2009

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